Corpi senza

corpo <-còr.po> s.m. 1.. Quantità di materia limitata da una superficie e definita da una o più proprietà che le conferiscono una individualità. La voce' del dizionario prosegue elencando definizioni di corpi molli, corpi estranei, corpi fruttiferi, corpi morti, corpi astrali, corpi del reato, diavoli in corpo, corpi architettonici, corpi eucaristici e persino corpi di guardia. Ma alla fine di tutte le sfaccettature del lemma non viene indicato alcun contrario. Nessun opposto al termine corpo.
La letteratura abbonda di corpi come soglie, corpi come metafore e come limiti tra l'oggettività e l'identità. Da miillenni, corpi senz'anima, corpi iniziatici e incompatibili con lo statuto dell'oggetto lottano nella finitezza per ottenere i benefici dell'antimateria. Da Platone a Cartesio a Locke, a Berkeley, a Hume, a Husserl ad Heidegger, il corpo umano cerca di superare se stesso nell'atto di speculare il niente che lo ha originato e che gli darà fine.


leggi pdf
Corpi senza
continua a leggere
Berkeley' sostiene che sia evidente per chiunque esamini gli oggetti della conoscenza umana che questi sono: o idee impresse ai sensi nel momento attuale, o idee percepite prestando attenzione alle emozioni e agli atti della mente, o infine idee formate con l'aiuto della memoria e dell'immaginazione riunendo, dividendo o soltanto rappresentando le idee originariamente ricevute nei due modi precedenti, mentre Hume3 riconosce che tutti i filosofi ammettono, e la cosa è chiara perse stessa, che niente è presente alla mente fuori dalle sue percezioni, o impressioni e idee. Una volta ammesso il dualismo, il mondo si raccoglie inevitabilmente nella sfera della mente che, per sua natura, non richiede alcuna incarnazione corporea, riducendo il corpo a una semplice rappresentazione oggettiva, identica alla rappresentazione che la mente si fa di tutti i corpi. Husserl, con la teoria del Lebenswelt, il mondo-della-vita, è il primo ad escludere la scienza dall'istanza umana della fisicità, stabilendo che se non vuole ridursi all'insignificanza totale, la scienza non deve dimenticare nella sua ricerca dell'in sé oggettivo quel terreno latente che è poi il mondo della vita in cui si radica la decisione scientifica di ricercare, per noi, una struttura dell'in sé. Solo allora l'in sé che si trova sarà un in sé per noi, e non un in sé che si risolve nell'insignificanza del per sé". Scardinata la scienza come disciplina regolamentare dei confini umani, il corpo resta una breccia nello spazio, una ferita aperta nel linguaggio, una crepa sul mondo, la chiave d'accesso ai nomi delle cose e poi alle cose stesse. Il corpo rimane una forma geografica de-localizzata, incompatibile con lo statuto dell'oggetto dato che è costantemente percepito, senza invocare l'attenzione puntuale richiesta dalle cose. È nel tocco, nella visione, o nel più generico gesto percettivo che l'oggetto nasce, quando ci viene indicato che vi sono corpi altri, vere e proprie masse esplorabili, passibile di qualsiasi comprensione. Il corpo è un equilibrio relativo alla focalizzazione del reale, moltiplicato secondo diverse probabilità. E con il corpo che trasporto un oggetto trovato in un luogo da portare in un altro. È nel corpo che restiamo gettati per non trovarci più in nessun altro luogo. Quel guscio che muove in vista di una meta che percorre, e che, prima d'essere un'oggettiva determinazione spaziale, è un tramite del mondo. Se gli oggetti nascono da un certo equilibrio che si stabilisce tra la posizione del corpo e il mondo che agisce da sfondo per la focalizzazione dell'oggetto, allora è possibile affermare che la realtà oggettiva non sia altro che un'apparenza privilegiata' che può essere convenzionalmente utilizzata per misurare tutte le cose, ad eccezione del rapporto corpo-mondo che produce quella misura. La scienza, invece, assolutizzando l'oggettività e dimenticandone la genesi, recide il legame originario del corpo al mondo, in cui si raccoglie tutta la nostra vita, per sostituirvi l'idea chiara e distinta dell'oggetto in sé e del soggetto come pura coscienza in cui nessuno può ritrovarsi se non astraendosi dal mondo della vita. Parlare del corpo come rappresentazione significa, nell'arte contemporanea, superare lo spirito con la materia, l'io con il mondo e l'anima con il corpo concependo entrambi come due opposti. Come due scienze derivanti da un'unica disciplina che deve oltrepassare il pensiero lacerante dell'uomo come incontro, o giustapposizione di parti separate, sezioni sia leggere sia pesanti dell'omogeneità. È la messa in scena del contemporaneo e delle proprie contraddizioni che attribuisce significati multiformi al corpo, escludendolo, nell'atto compositivo, dalla tragicità dell'appartenere all'essere-dei-bisogni. It tema di Corpi senza è un sentiero di superamento della definizione di corpo. Il progetto di Corpi senza è un percorso che ricade tra l'individuo che sta creando e il marchio formale impresso nel lavoro creato. La premessa di Corpi senza comprende al suo interno il concetto duale di fisicità e di trascendenza. I meccanismi estetici delle opere esposte rappresentano corpi senza salma, corpi astratti, corpi esclusi dalla fatica dell'assenza, dispositivi concepiti come immaginari di sintesi e come presenze dinamiche dal valore spirituale. Per Corpi senza, ogni lavoro progettato da Emanuela Fioretti (1970, Roma), da Elena Modorati (1969, Milano) e da Paola Pezzi (1963, Brescia) è la declinazione di un corpo continuo, un corpo che non fa diretto riferimento ad un sé oggettivo, un corpo senza riflessi o ordini precostituiti, senza origini né fini; un modello fenomenologico adatto a descrivere sistemi fisici e visuali macroscopiche. Ogni lavoro esposto è la determinazione, bianca o nera, di un caso, di un momento in cui la dimensione dei fenomeni osservati sia tale che questi non risultino affetti dalla struttura molecolare della materia. La massa, tesa su fili metallici, assopita dalla cera o arrotolata nel feltro viene qui distribuita uniformemente per riempire lo spazio, quel vuoto che il concetto di corpus occupa. La materia di Corpi senza è sostanza in continuità, è un corpo senza corpo, un insieme di linee prospettiche, rivestimenti e consustanzialità i cui punti materiali possono essere identificabili con i punti geometrici di una regione regolare dello spazio, massa per la quale esiste una densità dilatata e lineare a rappresentarne la misura. Lo stato di ogni corpo-senza dipende dai propri punti d'appoggio nello spazio che si trasformano al cambiare dell'azione delle forze poste in gioco. Ciascuna delle tre artiste coinvolte, infatti, amplifica e modula il concetto di corpo senza, insistendo su porzioni di materia risolta. Sulla scia di definizioni aperte, questa tripla personale ha il preciso scopo di attivare costanti reazioni organiche tra le diverse opere esposte e le loro differenti nature. Corpi senza è uno spazio che le tre artiste usano per rappresentare un ritorno alla consistenza e alla presenza. I loro fantasmi duri, infatti, sono liberi da superstizioni, da sagome inesistenti, da figure d' ombre e da geometrie probabilistiche. I lavori di Emanuela Fioretti, di Elena Modorati e di Paola Pezzi rendono la fisicità dei lavori allestiti un fattore di negazione, un segnale d'assenza viva che celebra la bellezza dell'astrazione e dei suoi malefici imprevisti. Seppure compatta e concepita come un corpo lineare, la mostra presenta tre diverse tipologie di corpi senza, sottolineando processi e individualità da imputare direttamente ai tre diversi approcci formali delle autrici. In mostra, ciascuna delle tre artiste ha creato un'installazione, accompagnata da lavori di medie e grandi dimensioni posti a parete. Tra le ombre del bianco, le sfumature color ecru e le tonalità scure delle linee, l'identità sostituisce il corpo. Emanuela Fioretti circoscrive Corpi senza fine, trame sapienti, fili come lame e sistemici telai stesi al di là di incubatrici trasparenti. Elena Modorati invece propone la lettura di Corpi senza nome, parole affogate nella trasparenza della carta e nei livori della cera. Mentre Paola Pezzi, sulle pareti, riporta in vita Corpi senza vuoto, cerchi concentrici come piogge solide, superfici dense unite per diminuire la distanza tra le ombre e i loro oggetti, sempre più lontani dall'uso quotidiano.
1. Dizionario Devoto oli 2011
2. M. P. Fimiani, George Berkeley it nome e l'immagine, Lerici, Cosenza, 1979; George Berkeley, De mow, 1721
3. David Hume, Ricerca sull'intelletto umano, 1748, (An Inquiry concerning Human Understanding), Laterza, Bari, 1996
4 Edmund Husserl, Logica formale e trascendentale. Laterza. Bari, 1966
alcune immagini della mostra